Se Cristo si è fermato ad Eboli, Buddha ha fatto di certo una sosta in Sicilia.
Sono tornato a casa, a Messina. Corsa mattutina sulla spiaggia e mi fermo a guardare quello che ho lasciato un anno fa. Tutto uguale, fermo nella sua precarietà. Bellezza e degrado convivono con una naturalezza disarmante. Ambiente e persone si muovono sulla medesima linea: alternano filosofia di vita e maleducazione in maniera magistrale, nello stesso modo in cui si fondono stupendi panorami e cumuli di rottami ed immondizia.
Non possono non venirti in mente i paesaggi dell’India, la culla in cui Buddha ha realizzato i significati degli estremi dell’esistenza per raggiungere l’illuminazione. Anche in Sicilia gli estremi ti vengono in qualche modo sputati in faccia. E quindi ci si trova costretti ad illuminarsi, davanti ad un paesaggio oppure gustando una granita con panna servita da un banconista da bar che, nel comporla con flemma, condivide la sua visione del mondo. In Sicilia non fa differenza.
Non fa differenza perché ogni cosa in Sicilia, per essere compresa, non deve essere concettualizzata. Se provi a darti spiegazioni sul perché certi patrimoni vengano deturpati e lasciati al degrado, non troverai risposta. Ti fermi, li osservi e ti rimandano indietro la loro immagine reale. Qui e ora. Senza interventi esterni.
Ti si piazzano davanti in tutta la loro debolezza di fronte al tempo che passa ed alle intemperie. E’ lo specchio di noi stessi, di quanto sia inutile l’intervento di chirurgia plastica di fronte al passare degli anni.
E quindi è come se ogni siciliano fosse un pò buddhista a sua insaputa. Senza concettualizzare. Perché, nel caso ne avesse consapevolezza, sarebbe immediata la sua reazione di non prendersi sul serio. E di prendere in giro persino il Buddha stesso.
Diciamo che in ogni azione delle persone e nell’energia che si sprigiona dall’ambiente è insito il concetto di impermanenza. Ogni cosa è soggetta a cambiamento. Inutile attaccarvisi se poi non ci sarà più. Sino a quando c’è, meglio godersela e se non è cosa buona, come suole dirsi in siciliano : “Bon tempu e malu tempu, non dura sempre un tempu”…cambierà, non preoccuparti.
Ed è come se la Sicilia stessa sia un pò India a sua insaputa…oppure esattamente il contrario.
Tanti altri sono i punti di contatto tra Sicilia e India e, se si vuole fare uno sforzo, non è difficile trovarli. Tra filosofia di vita siciliana e buddhista ci sono congruenze riguardo il senso ultimo dell’esistenza. Ma il mio sangue siculo mi impone di fermarmi. Troppo sforzo, troppo caldo e soprattutto…meglio non prendersi troppo sul serio.
Non so quindi se consigliarvi di venire in Sicilia a trascorrere una vacanza di quelle tradizionali, programmata in ogni singolo dettaglio. Sarebbe di certo bello dal punto di vista naturalistico ed artistico. Ma questo non vi consentirebbe di acquisire i concetti di base della filosofia siculo-indiana. Se proprio aveste voglia di comprendere, al netto dei patrimoni ereditati da natura e uomini del passato, qual’è la reale visione dei siciliani…non dovreste programmare nulla.
Gettarvi nella mischia, parlare con le persone in strada e subire l’aggressività e la bellezza di abitanti ed ambiente. Senza Google Map, disposti ad accettare senza riserve quale possa essere la reale importanza delle cose, il significato più profondo di “ordine nel caos”, la capacità di subire, adattarsi e quindi dominare gli eventi.
Se andandovene sentirete un senso di sollievo…allora avrete compreso. In quella sensazione si cela la voglia di tornarci per risvegliarsi un pò per poi rifuggire via. Se, contrariamente, andrete via mitizzandone i paesaggi ed i suoi abitanti, addirittura con una sottile voglia di venire a viverci, non avrete colto nulla di essenziale.
Al Prossimo Post.
Guglielmo Margio
Foto Originali (le prime 3) scattate da me.
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