Lettera a “chiunque” avrebbe voluto che io fossi diverso.
Caro “chiunque”, non sono probabilmente ciò che avresti sperato che io fossi ma non me ne dispiace. Non per cattiveria, ma per semplice presa di consapevolezza dei miei limiti così come delle mie poche virtù. Tu, caro “chiunque”, potresti essere un marito o un datore di lavoro, una compagna o un amico, un padre o una madre, un superiore in grado e persino un figlio. Non fa alcuna differenza. Io sono quello che sono, anche se questo non significa che non faccia del mio meglio per migliorarmi. Ma ogni eventuale progresso conquistato parte comunque da una base che a te, caro “chiunque”, probabilmente non è mai stata congeniale. Quindi a poco potranno servire i miei sforzi per entrare nelle tue grazie.
Questo mio essere ciò che non ti piace non deve però essere fonte di tua sofferenza. Non potrò mai convincerti di quanto sia duro a volte non sentirsi accettati da chi si reputa determinante o emotivamente importante per la propria vita, personale e professionale. Ma non ce la faccio…caro “chiunque”. Non riesco proprio a stravolgere la mia natura più pura, la più profonda in quanto derivante dalla “causa prima”, la diretta conseguenza delle mie vite precedenti o dei miei antenati.
D’altra parte la sofferenza, caro “chiunque”, non è solo la tua che devi avere a che fare con me. Spesso è anche dalla mia parte. Perché sappi che a volte mi sarebbe piaciuto tanto essere di tuo gradimento, avere da parte tua parole o anche semplici sguardi di approvazione. Azioni che facessero emergere la tua ammirazione nei miei confronti. E non ti nascondo che il non essere riuscito ad ottenere tutto ciò mi ha spesso destabilizzato. Mi ha fatto guardare “coloro” che ci sono riusciti con ammirazione ed a volte con invidia. Mi ha portato a forzare, spingere l’acceleratore e consumarmi sino però a tornare ad un punto cruciale. Il punto d’inizio: “Sono quello che sono”.
Quindi, caro “chiunque”, veniamoci incontro e pacificamente percorriamo i nostri sentieri. Possiamo farlo anche l’uno vicino all’altro oppure seguendo strade divergenti. Che importa? Ma non pensiamoci reciprocamente con astio o senso di inadeguatezza. Non continuiamo a sentirci a disagio quando i nostri sguardi si incontrano.
Non evitiamoci ma nemmeno costringiamo noi stessi ad incontrarci. E da persone adulte e responsabili, non continuiamo a pensare a ciò che l’altro avrebbe dovuto essere. Non se ne viene a capo.
Accettare, accettarsi e procedere con consapevolezza evitando di maturare rabbia e rancori, scansando con destrezza ogni eventuale sorgere di pensieri negativi.
In ogni caso, caro “chiunque”, chiunque tu sia, abbi la certezza che qualsiasi tuo atteggiamento nei miei confronti, sia esso l’ironia o il sarcasmo, l’aggressione o la vendetta, non otterrà altro che il mio sorriso che si allontana. Ma per nulla al mondo mi porterà a cambiare solo per farti piacere. Perché io “Sono quello che sono”. Come diceva Braccio di Ferro…
Al Prossimo Post.
Guglielmo Margio