Capitolo #1 : la scoperta dell’Ego in un Bar.
Se dovessi descrivere Billy in poche parole potrei affermare che è una persona abbastanza ordinaria. Un lavoro, famiglia, amici e parenti in abbondanza. Coltiva interessi comuni un pò a tutti: sport e libri le sue passioni, insieme a escursioni ed un certo interesse per l’arte in generale. Ordinario, ecco come lo definirei oggi dopo averlo rivisto a distanza di oltre vent’anni. Ovviamente il suo vero nome non è Billy, ma noi amici ormai lo chiamiamo così per gioco, in seguito alla sua esperienza vissuta negli States.
Conoscevo Billy sin dall’infanzia anche se, come spesso capita, gli eventi della vita ci avevano diviso subito dopo le scuole superiori. Le uniche notizie che ero riuscito ad avere di lui : aveva provato a seguire le sue passioni andando a vivere a New York appena ventenne. Voleva diventare uno scrittore di successo e finì a lavorare in un fast food per circa dieci anni. Gli altri dieci erano per me e tutti gli amici un vero mistero. Queste le uniche cose che avevo saputo sul suo conto. Sino a quando non ci siamo incontrati di nuovo in un Bar, per caso, circa una settimana fa.
Il carattere di Billy.
Non mi sento di poterlo definire collerico, ma ha sempre avuto accenni di esaltazione nello sguardo quando veniva contraddetto. Diciamo che d’impatto, da ragazzo, sembrava equilibrato e con le idee chiare, ma era come se covasse una energia costante che ti dava la sensazione di poter esplodere da un momento all’altro. Mi ricordava un equilibrista su una corda che procede costantemente in posizione precaria. Ma, a dire la verità, non l’ho mai visto cadere. Nell’incontrarlo dopo tutti questi anni l’immagine di lui che ricordavo era totalmente sparita. Ecco la prima sensazione che ho provato dopo che Billy, sfiorandomi con una mano la spalla al bancone del Bar, ha richiamato la mia attenzione.
Si sedette accanto a me ed iniziammo a guardarci come se non ci fossimo mai lasciati. E’ questa la caratteristica principale delle amicizie genuine, quelle che noi uomini crediamo siano nostra esclusiva prerogativa. La dilatazione nel tempo degli intervalli tra un incontro e l’altro si interrompe non appena ci si ritrova. Come un elastico che viene teso tra i due estremi sino quasi a rompersi. Una volta rilasciato, le due parti finali tornano vicine in un lampo.
Ciò che più mi ha disorientato è stato il fatto che, probabilmente grazie alla “legge dell’elastico”, sia riuscito ad entrare nel vivo delle mie attuali sensazioni: non stavo per nulla bene e se ne era accorto con un’immediatezza spiazzante. Non ero sereno e lui, come se fosse stato al mio fianco sino al giorno prima, lo aveva capito. Mi sentivo come un libro dalle pagine bianche, con la speranza di essere sporcato dalla punta di una penna. Ed avevo davanti uno scrittore mancato…o perlomeno così pensavo. Sarei stato smentito, ma me ne resi conto nei mesi successivi.
Billy entra subito nel vivo…
Non mi sono mai, per fortuna, attaccato al bicchiere. Alti e bassi ne ho avuti, ma non più di qualche altro miliardo di persone. Devo però ammettere di avere una leggera tendenza, per puro piacere, al vizio e non ho mai disdegnato di provare qualche diversivo. Ma mai per sfuggire alle mie ondate emotive o alle difficoltà. Ed anche Billy era molto simile a me. Sembrava quindi naturale che ci trovassimo davanti ad un bicchiere di “Lagavulin”, l’uno accanto all’altro. Abbiamo passato i primi cinque minuti in silenzio. Non avevo la forza di parlare, nonostante fossi davvero contento di averlo rivisto.
Fu lui ad iniziare senza frasi preliminari o di circostanza : “Fratello, hai mai saputo cosa ho fatto nei dieci anni successivi al mio lavoro in Fast Food? So bene che ve lo siete sempre chiesto…”. “No Billy” risposi, tentando di non mostrare disinteresse dovuto al mio stato vitale decisamente basso. “Me lo sono sempre domandato, anche perché sei sparito senza dare più alcuna notizia. Ci sei mancato…”.
“Anche io mi sono mancato per molto tempo. Ma prima di ritrovarmi sono stato costretto a perdermi. E l’ho fatto nei dieci anni successivi a quella che oggi io chiamo “la mia vita precedente”. Ma ti racconterò in futuro. Dimmi cos’hai che non ti fa stare bene”.
Improvvisamente mi sentii assalito dal panico. Stavo soffrendo ma nessuno, negli ultimi anni o forse mai, mi aveva chiesto in modo così diretto come stavo e perché. Mi risultava quindi davvero difficile inquadrare il mio stato di malessere dandone delle spiegazioni logiche. Tendevo a fare un pò come tutti: stavo male e basta. Insoddisfatto? Forse, ma perché poi? Avevo anche io una vita abbastanza ordinaria, fatta da famiglia, amici, un lavoro ed un cane di razza. Stipendio base, auto base, casa base. Una base piatta, probabilmente, ma solida.
“Non sono soddisfatto della mia vita, Billy. Vedo gli anni che passano e mi sfuggono di mano come se fossero saponette da Hotel” risposi d’impulso e continuai “Ricordi quanti progetti avevamo? Almeno tu ci hai provato…”. “Fallendo miseramente” rispose “o perlomeno questo è ciò che si potrebbe pensare utilizzando la logica comune”. “Si” risposi accendendomi “ma almeno ci hai provato, cazzo!”.
“Anche io sono passato dal medesimo sentiero fratello mio” mi rispose interrompendo il mio impeto autodistruttivo “ed ho capito solo in seguito, grazie ai molti incontri della mia vita “post fast-food”, che tutti i problemi che sperimentiamo sono dovuti ad un solo e semplice elemento”.
“E dimmi” lo incalzai infastidito e con sarcasmo “quale sarebbe questa grande intuizione che ti ha fatto scoprire le leggi del labirinto mentale dell’uomo?”
Billy non esiste!
Ero scosso e Billy lo aveva compreso con grande lucidità. Nel suo sguardo c’era calma e tenerezza nei miei confronti. Aveva dei profondi occhi chiari che ai tempi della scuola avevano rovinato le notti di molte ragazze. Oggi erano contornati da rughe di espressione e la luce di follia che li contraddistingueva quando era ventenne era latente, ma aveva lasciato spazio ad equilibrio e riflessione. Perlomeno questo era ciò che mi trasmetteva. Per cui o era vero, oppure era diventato talmente folle da simulare alla perfezione. A Billy era successo qualcosa. Billy era cambiato.
“Il problema, amico mio, è che ognuno di noi costruisce una idea di sé che, non si sa per quale motivo, deve poi difendere nell’arco di tutta la propria esistenza. O perlomeno si convince che sia indispensabile farlo. Questa idea che si consolida negli anni sin da quando siamo bambini è composta da convinzioni, pressioni esterne, aspettative e cresce nel tempo.”
Continuò : “Come una statua in creta, plasmata dall’esterno, che prende forma ad ogni sollecitazione. Ma questa statua non rappresenta l’essenza più pura di noi stessi. E’ solo una raffigurazione di ciò che crediamo di essere. E ci attacchiamo ad essa, ci afferriamo ad un’immagine che crediamo essere noi stessi.”
Avevo finito il mio bicchiere di whisky e già ordinato il secondo quando mi trovai sul punto di mandarlo a quel paese. Iniziai a pensare che fosse davvero fuori di testa ed a quelle parole la tentazione di alzarmi fu davvero incontenibile. Ma non so per quale motivo, un’altra forza mi tratteneva a voler continuare ad ascoltarlo.
Billy mi diede la sensazione di aver capito il mio stato d’animo e, mettendomi una mano sulla spalla, continuò : “So bene cosa stai pensando. Ci sono passato anche io la prima volta che ho sentito parole simili. Ma prova a riflettere su una cosa prima di andare via: quando è che ci si sente attaccati e quindi si sperimenta sofferenza?”.
Provai ad elaborare una risposta ma lui non accennò ad ascoltarmi, come a non volermi far perdere tempo ulteriormente. E continuò : “Quando si pensa ad esempio di essere stati feriti oppure di non avere adeguati riconoscimenti, quando si desidera ciò che non si ha e non ci soddisfa ciò che si possiede. Insomma quando il nostro Ego, che si è plasmato negli anni come la creta, ci comanda. Ma adesso fatti un’ultima domanda: Da cosa è composto questo famigerato e diabolico Ego? Sei tu realmente? Sei i tuoi desideri irrealizzati? Sei la tua incazzatura quando non ti senti rispettato? Sei quello che si offende se non considerato?”
Era un fiume in piena…
“Sei forse ciò che gli altri vorrebbero che fossi? Sei il compagno di tua moglie? Il collega antipatico? Il collaboratore indisponente? Il figlio ingrato e poco affettuoso?”.
Mi stavo davvero perdendo ed avevo finito anche il secondo bicchiere quando Billy sembrò fermarsi. Lo vidi socchiudere gli occhi e fare un respiro profondo. Tirai un sospiro di sollievo anche io e lo osservai finire d’un fiato il suo whisky.
Quindi concluse : “La verità, amico mio, è che tu non esisti, Billy non esiste. Perlomeno non nel modo in cui si è abituati a pensare a noi stessi. Noi non siamo la nostra immagine di impiegato modello, di marito affettuoso, di amico disponibile o di figlio premuroso. Non siamo la nostra rabbia e nemmeno la nostra gioia più sfrenata. Siamo l’insieme di tutto questo, una accozzaglia che però non rappresenta la nostra reale essenza. Tutta la tempesta di emozioni e reazioni non è altro che frutto del nostro Ego. Questo nemico che si afferra alle cose che gli sono gradite e non vuole più abbandonarle, che reagisce violentemente agli eventi o alle persone che non sopporta. Ma tu non sei solo questo…”
A quel punto non potei fare a meno di alzarmi dalla sedia, prendergli il viso tra le mani e chiedergli con una certa veemenza: “Ed allora, chi cazzo saremmo finalmente?”. Billy attese che mi fossi calmato quindi mi rispose con tono disteso. “Lo scoprirai nel tempo, se ti andrà di prendere qualche bicchiere di whisky nei prossimi giorni. Per il momento sappi solo che chi ti sta facendo soffrire in questo momento non è un nemico esterno. E’ il tuo Ego che ti trasmette impulsi negativi. Ti dice che non sei rispettato. Ti fa credere di non avere ciò che desideri. E ti fa persino pensare agli anni che passano con tristezza impedendoti di guardare avanti”.
Ero attento ma dovevo fargli un’ultima domanda prima di lasciarci . “E quindi cosa dovrei fare per stare un pò meglio…perlomeno stasera”.
Mi guardò sorridendo : “Quando penserai di non essere felice, rifletti come se questo povero infelice non sia tu ma un vicino di casa sconosciuto. Se domattina il tuo collega ti accoglierà in riunione con sarcasmo, pensa che si stia rivolgendo ad un estraneo a non a te. Osservati dall’esterno. E ripetiti “Io non Esisto””.
Mi diede un bacio sulla fronte, pagò i quattro whisky e se ne andò dandomi le spalle, con la medesima camminata che aveva anche da ragazzo. E fu esattamente un attimo dopo che uscì dal bar che mi resi conto di non avere neanche il suo numero di telefono. Non ero del tutto certo che avrei voluto vederlo di nuovo, ma qualcosa del nostro incontro mi aveva lasciato il segno. Nel ritornare a casa provavo a ripetere nella mia mente : “Io non esisto, io non esisto…” e mi sembrava così assurdo.
Ma sapevo che quel “non esisto” racchiudeva un significato più profondo, una spiegazione più analitica che Billy non mi aveva ancora svelato. Non avevo compreso appieno il significato ma, senza capire il motivo, iniziavo a sentirmi meglio.
Dovevo incontrare nuovamente Billy, ma come avrei potuto fare? Era oltre l’una di notte, ci avrei pensato nei giorni successivi.
Continua…
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Guglielmo Margio.
Molto , molto interesseante e intrigante ….alla prossima puntata !
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