Storia di Billy: Capitolo #3

L’inizio del sentiero.

Ero scosso. Non capivo fino in fondo la reazione di Billy e non comprendevo nemmeno il mio malessere. La giornata procedeva come se fossi avvolto in una bolla di sapone. Colleghi e superiori mi parlavano o davano disposizioni ed io sentivo le voci ovattate, vedevo i loro volti appannati. Iniziai a pensare di avere la febbre.

Il mio collega di stanza si chiama Stefano. Un tipo che riesce a darmi su i nervi anche se respira. Fisico gracile ed occhiali da nerd. Uno di quelli sempre precisi e che fa di tutto per mettersi in mostra. Ho un carattere abbastanza riservato e non riesco ad accettare chi si rende protagonista senza uno scopo preciso, semplicemente per essere al centro della scena. Comunque dovevo conviverci e non nascondo di avere spesso fantasticato sul fatto che gli potesse capitare qualche imprevisto. Anche un lieve incidente non invalidante a vita, ma che lo allontanasse dalla mia vista per qualche mese l’anno. Tutto qui. Il suo continuo ed inutile “ticchettare” sulla tastiera mi portava spesso a pensare ad un trasferimento di sede.

Alla fine del mio turno di lavoro, dopo aver vissuto ogni singolo minuto come immerso in una piscina, guardo l’orologio e sono ben oltre le mie ore stabilite. Chiudo velocemente il portatile e mi avvio verso l’ascensore. I corridoi sono totalmente vuoti, si aggira nella penombra solo “l’omino” delle pulizie. Viene dallo Sri Lanka e sorride sempre a tutti. Non credo capisca molto della nostra lingua ma non nega mai a nessuno uno sguardo amichevole. Come faccia ad avere quell’atteggiamento per me è un vero mistero. Come è possibile mantenere un atteggiamento positivo mentre si puliscono i bagni degli uffici? Ma lui ci riesce. O è matto o sono io che non ho capito qualcosa.

Mi avvio a prendere la mia bici per tornare a casa. C’è un freddo davvero insopportabile. Mi chiedo chi me l’abbia fatto fare a non utilizzare l’auto come fanno tutti, anche se solo per pochi chilometri. E’ frutto del mio periodo “ecologista”. Di quei momenti della vita, intorno ai 35 anni, in cui vieni travolto da strani interessi, probabilmente per sfuggire alla routine quotidiana. Compri tonnellate di libri e vieni pervaso da atteggiamenti integralisti. Come se la salvaguardia dell’intero pianeta dipenda solo da te.

Inizio a pedalare per raggiungere casa. Beatrice avrà iniziato a preparare la cena ed i bambini staranno per completare i loro compiti per la scuola. In genere sono completamente assorti nelle loro attività ed a volte mi chiedo se si accorgano del mio rientro.

Ho conosciuto Beatrice a teatro. Anche quello un periodo della mia vita che poi, come è capitato per altre cose, si è concluso miseramente senza alcuno sviluppo. Durante la pausa tra il primo ed il secondo atto, nel foyer, vedo come una luce in mezzo alla gente. Statura piccola, non oltre il metro e cinquanta, una pelle bianchissima e sottile, due occhi di un verde chiaro mai visti ed i capelli nero corvino. Un fulmine che squarcia la notte. Una frequentazione di poco più di un anno, quindi il matrimonio e due splendidi figli, Mara e Riccardo. Dopo oltre dieci anni di matrimonio mi chiedo come sia possibile che mantenga il medesimo fascino. Io mi vedo decadere, lei sembra fiorire. “Sarà per il suo carattere…” mi ripeto spesso. Beatrice ha quella tendenza naturale al riso senza sforzo ed all’ottimismo che rasenta l’ingenuità.

Non so per quale motivo, ma i pedali della mia bici sembravano trovare una resistenza mai sperimentata. Come se stessi procedendo sul fango. “Sarà la febbre” dico tra me e me, anche se non mi sembra di averla. La strada che mi conduce a casa passa davanti al bar in cui ho incontrato Billy. Considerata la mia condizione fisica, decido di fermarmi. Mando un messaggio a Beatrice per tranquillizzarla (ma era forse preoccupata?) del mio ritardo, quindi mi avvio al bancone ed ordino un whisky. Sono a stomaco vuoto e credo che farà effetto immediatamente, facendomi in qualche modo dimenticare la giornata. Una punta di spillo che faccia esplodere la bolla in cui mi sono trovato. “Io non esisto, Billy non esiste”… “Stronzate” penso, ed entro nel bar.

“Lagavulin?”. Una voce familiare alle mie spalle che non ci tenevo proprio a sentire. Era Billy. La causa principale della mia giornata storta. “Uno anche per me” disse al barista accomodandosi alla mia sinistra. Non volgo lo sguardo verso di lui, mi sta troppo sulle palle. Ma sembra non dare importanza al mio atteggiamento. Mi sorride, una pacca sulla mia nuca, ed inizia a bere. In silenzio. Dopo il primo bicchiere, mi chiede : “Sai che cosa è un Koan?”.

“Un animale?” rispondo infastidito. “No. È un insegnamento buddhista…”. Quindi silenzio ed un altro bicchiere. “Per quale motivo mi parli, e soprattutto perché credi che dovrebbe interessarmi?”, gli chiedo, “Credi di esserti comportato…?”. Billy non mi ascolta e prosegue nella sua spiegazione. “Vedi” mi dice con voce calma “quello che tu hai vissuto oggi è proprio un Koan. I Koan sono degli insegnamenti Zen che non hanno specifiche spiegazioni logiche. Il più delle volte sono tratti da dialoghi tra discepoli e Maestri e spesso hanno natura paradossale e non possono essere compresi dall’intelletto. Per usare una metafora, sono come degli schiaffi per provocare il risveglio in seguito ad una crisi di nervi…”. “Non capisco il nesso con stamattina e soprattutto” gli dissi “non capisco cosa c’entri tu con il Buddhismo”.

Billy mi guarda con un misto di tenerezza e compassione che mi fa irritare al punto di alzarmi e lasciare il bancone del bar. Tiro fuori i soldi per pagare il mio ed i suoi bicchieri, faccio un cenno con la testa per salutarlo e voltandogli le spalle mi avvio verso l’uscita. Lui non mi segue con gli occhi ma lancia, con un tono della voce un pò più alto, un messaggio subliminale. “Non eri curioso di sapere che cosa avessi fatto nei dieci anni in cui non avete avuto più mie notizie?”. Mi fermo davanti la porta…Torno indietro, infastidito per avergliela data vinta. Lui non mi guarda ma mi accorgo che sta sorridendo in modo beffardo. Si accende una sigaretta. Ho sempre odiato ed ammirato il suo modo di farlo: penzolante dalle labbra, testa inclinata, mano davanti alla fiamma e sguardo alla Bogart.

“Cosa ti è rimasto dell’incontro con me di stamattina?”. “Ero, e lo sono ancora, frastornato. E molto incazzato…”. “Bene!”, dice Billy trionfante, “Era proprio questo il mio obiettivo. O perlomeno è questo l’obiettivo di un Koan. Frastornare e e regalare una esperienza diretta della mente autentica”. “Non ho avuto per niente questa sensazione, Billy. Ho rimediato solo una enorme arrabbiatura e un persistente mal di stomaco”. “Quante volte ti è capitato che qualcuno ti abbia trattato come ho fatto io stamane?”, mi chiede, “e soprattutto in quante occasioni hai provato il malessere di cui mi hai parlato?”

Riflettendo bene non ricordavo mi fosse mai capitata una esperienza simile. Viviamo come in una universale finzione che ci costringe in qualche modo ad essere falsamente cordiali gli uni con gli altri. Convenzioni e semplice stile di vita. Ma non ricevevo “uno schiaffo”, per dirla alla Billy, da quando ero bambino. E ricordo ancora il bruciore sulle guance.

“Tradotto letteralmente” continua “Koan significa “il luogo in cui si trova la verità”. Tu stamattina hai fatto esperienza di un concetto che non hai compreso con l’intelletto ma con le pure sensazioni, vivendo il momento. E sai perché sei stato male?”. “Perché sei stato scortese!” rispondo prontamente. “No” mi dice, “semplicemente perché hai fatto esperienza del tuo ego. Perché lo hai visualizzato per la prima volta in tutta la tua esistenza. E soprattutto perché qualcuno ti ha schiaffeggiato con delle parole e dei concetti che sino ad oggi non avevi mai sentito. E che se non mi avessi incontrato non avresti mai conosciuto.”

“Il fatto che io ti abbia incontrato” gli rispondo con la volontà di voler tagliare corto il discorso “non è stato altro che un caso. E se non fosse successo sarebbe stato meglio”. “Un caso?”, dice sorridendo. “Il caso non esiste, fratello mio. Mi sembra che sia stato tu ad inseguire me e non il contrario. Ma se ti fa piacere pensarla in questo modo…”

A questo punto è Billy ad alzarsi dallo sgabello del bar e recarsi verso l’uscita. Alzandosi il bavero del capotto grigio che indossava, mi passa davanti senza salutarmi. Mi viene in mente di non avere ancora il suo recapito telefonico. “Billy…”. Ma Billy è nuovamente sparito. È tardi e guardando lo smartphone mi rendo conto di avere circa 20 messaggi non letti di Beatrice. Chissà che starà pensando. Non ho mai fatto tardi a casa dal lavoro in tutti questi anni di matrimonio. Cosa mi sta succedendo? Comincia a farsi strada la consapevolezza che lo incontrerò nuovamente. Il come ed il dove, a questo punto, non è dato saperlo. Forse è meglio così.

Continua…

Guglielmo Margio

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Foto dal sito Unsplash.com

5 commenti Aggiungi il tuo

  1. wwayne ha detto:

    Splendide foto e splendido post, come sempre! 🙂

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    1. Guglielmo Margio ha detto:

      Grazie mille. Sono felice che ti sia piaciuto.

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      1. wwayne ha detto:

        Grazie a te per la risposta! 🙂

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