Storia di Billy: Capitolo #7

Come Coriandoli da un Grattacielo.

Foto dal sito http://www.unsplash.com

Nelle parole di Billy sentivo una vena diversa. Come a voler anticipare con il tono il seguito di un racconto non a lieto fine. Mi ero sintonizzato sulle sue frequenze e quella sicurezza che sino ad un momento prima mi aveva trasmesso era come svanita. E’ proprio vero che ciò che si dice ha degli effetti su chi ascolta non solo nel contenuto ma anche nella musicalità della voce di chi parla. “Claire aveva un fratello a cui era molto legata”, prosegue, “Avevano avuto una storia molto difficile, la madre era andata via di casa abbandonando figli e marito. Non seppero mai più che fine aveva fatto. Quando successe Claire aveva 12 anni ed il piccolo Robert solo 9. Il padre era un membro del consiglio di amministrazione di un azienda petrolifera. Viaggiava con frequenza ed i due bambini spesso si trovavano praticamente soli, a parte la presenza della nonna paterna che si era presa in carico la complicata situazione. Ma nella sostanza, Claire faceva le veci di una madre nonostante fosse ancora una bambina”.

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Per quanto triste, la storia che Billy mi stava raccontando non mi appariva così inusuale rispetto alle migliaia che accadono tutti i giorni. Non riuscivo ancora a comprendere in quale modo si potesse quindi trasformare in qualcosa di così devastante come traspariva dai toni del racconto. “In breve Claire e Robert crebbero come in simbiosi”, continua Billy, “sviluppando un legame molto forte che li porta ad abitare insieme sino a quando Claire non decide di vivere con me. Fu per lei una scelta molto sofferta e puoi immaginare quali e quante ripercussioni abbia potuto avere sulla nostra vita di coppia. Ma era la dimostrazione che Claire mi amava davvero e, nonostante io non ne avessi avuto bisogno, la conferma di vivere la storia d’amore più importante della mia vita. Robert era molto legato a sua sorella ed aveva 22 anni quando la vide lasciare la casa in cui avevano vissuto insieme la loro avventura. Ma era felice per lei. Lavorava per una ditta di consegna corrispondenze in bici, uno stipendio umile ma un lavoro che lui amava particolarmente. Robert e la sua bici erano un unico organismo vivente”.

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Billy continua a parlare al passato e questo non mi faceva presagire nulla di positivo nell’esito del racconto. Poi si ferma e mi guarda, quindi mi chiede: “Mi sapresti dire una data che accomuna milioni di persone? Un giorno che, se pronunciato, suscita in tutta la popolazione mondiale un ricordo comune?”. Onestamente non riuscivo a capire la domanda. Mi sforzo a dare un risposta banale: “Il 25 dicembre?”. “Non proprio”, risponde Billy, “non in tutte le culture il 25 dicembre rappresenta la medesima cosa”. “Non mi viene in mente altro”, rispondo imbarazzato. “Nessun problema”, mi dice “Ti aiuto io. Non appena l’avrai sentita capirai immediatamente: 11 settembre 2001”.

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“Caspita, vero!”, rispondo. Ma nel farlo il solo riportare alla mente le immagini di quel giorno mi fa rabbrividire. “Certe date”, continua Billy, “si fissano nella memoria in modo particolare. Ognuno di noi ricorda esattamente cosa stava facendo e dove si trovava quando ci furono gli attentati alle torri gemelle. Non tutte le date hanno questa caratteristica”. “E’ proprio così”, dico, “Ricordo perfino che maglietta indossavo, ed io mi vesto spesso ad occhi chiusi. Stavo prendendo un caffè dopo la pausa pranzo, la connessione internet era ancora scadente e guardammo nella sala ristoro le immagini nella TV.”

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“Di quella giornata” continua, “Come sai bene, esistono migliaia di foto e filmati. Uomini, donne, oggetti e documenti venivano giù come coriandoli da un grattacielo. Erano minuscoli frammenti di carta con una storia che si esauriva nei pochi secondi che dividevano il tragitto volante tra i piani alti del grattacielo e la terra. C’è una foto molto significativa di quella giornata: una bicicletta impolverata attaccata ad un palo, con una semplice catena. Adagiata a terra, come semplicemente spostata incautamente da un passante. Una bici probabilmente riutilizzabile dopo una ripulita, rimasta agganciata al suo lampione per giorni e giorni senza che nessuno venisse a riprenderla”.

Foto da archivio Google – http://www.bikecult.com

Non era necessario che Billy continuasse il racconto. Ogni parola era superflua e non avrebbe chiarito ulteriormente ciò che era accaduto. Adesso capivo, intravedevo il burrone di cui mi aveva parlato. Rimaniamo in silenzio, io ricordando le immagini di quella giornata, Billy probabilmente per recuperare le forze. Rimette in moto l’auto e ci dirigiamo nuovamente verso la città. La vista dei palazzi che si affacciano in lontananza mi riappare come nei giorni seguenti l’attentato. Ogni costruzione oltre i cinque piani mi faceva paura, lo ricordo bene. Arriviamo sotto casa mia nel silenzio più totale, anche se ho la sensazione che sia più un mio problema. Billy, nel guardarlo mentre guida, ha nuovamente uno sguardo sereno.

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“Ok, allora grazie per la splendida passeggiata e per avermi strappato dalla routine, anche se con il tuo “stile”, gli dico tentando di alleggerire l’atmosfera. Billy mi guarda sorridendo, quindi risponde: “Anche Claire è venuta giù come un coriandolo. Hai presente quando da bambini giocavamo a farli scivolare tra le dita osservando il modo in cui toccavano terra? Un pezzettino di carta, con scritte confuse. Chissà quale storia era descritta in quel frammento di cui faceva parte. Come spazzata via dal vento, Claire non la vidi più da quel giorno. Volata via con Robert, spostati insieme da un vento che forse ci trascina tutti ed a cui non prestiamo attenzione”.

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Lo abbraccio e scendo dall’auto. Beatrice ed i bambini mi aspettano per cena. “Ci rivediamo?”, gli chiedo con un certo timore. Adesso avevo davvero voglia di incontrarlo nuovamente.

“Dipende da come spira il vento”, mi risponde. Quindi va via.

Continua

Guglielmo Margio

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