Essere giusti o sbagliati non cambia la sostanza delle cose.
Bobby Wrong non amava etichette, andava libero come foglia al vento, come nave senza ormeggi. Non era solito chiedersi se fosse la cosa giusta o sbagliata. E per questo non era particolarmente apprezzato da chi lo frequentava. Io conoscevo Bobby Wrong sin da quando si percorreva insieme la strada che portava alla scuola elementare. Aveva la caratteristica di apparire come un errore incancellabile su un compito di italiano. Ma era simpatico, proprio come lo sbaglio grammaticale di un bambino che compie inesattezze con tutta la sua ingenuità, pensando di scrivere la cosa giusta.
L’errore e Bobby erano due parti inseparabili, camminava con la propria metà siamese di inadeguatezza, di momenti inopportuni, di scivoloni di stile. Ho imparato da Bobby Wrong molte cose, soprattutto a come non essere Bobby Wrong. Ma più imparavo, meno libere sentivo le mie mani di afferrare la libertà. Osservavo e gioivo dei sui errori, delle sue inadeguatezze che mi facevano sentire più forte. Si diventava grandi insieme e mentre io apparivo sempre più corretto, lineare, Bobby Wong slittava su sentieri apparentemente non adeguati al contesto. Ma non l’ho mai lasciato solo nelle sue scorribande nel mondo dell’apparente perfezione. Bobby non meritava ciò e se io non l’avessi spesso coperto, non avrei meritato la sua amicizia.
Credo sia stato questo il motivo per cui, un giorno, Bobby mi disse che aveva scritto una canzone ed avesse dedicato a me alcune strofe. Grande sorpresa nel sentirlo, innanzitutto perché non immaginavo che sapesse scrivere o cantare, non me ne aveva mai parlato. Poi perché non credevo di aver lasciato un segno nella sua vita così zoppicante ed irregolare. Quando mi trovavo insieme a lui avevo sempre la sensazione di percorrere un sentiero totalmente coperto dagli alberi: nessuna ombra proiettata davanti ai nostri passi a causa della totale copertura delle fronde. Un tratto di strada ricoperto da fogliame talmente diffuso che non consente di lasciare impronte.
La mia curiosità nel voler ascoltare le parole a me dedicate cresceva di giorno in giorno, quindi lo invitai al bar in una freddissima sera d’inverno, pochi giorni prima del Natale. Quando lo vidi arrivare io ero già seduto al tavolo sorseggiando la mia birra scura: persino il suo modo di vestire era un omaggio all’errore. Ma Bobby aveva sempre l’allegria di chi non è consapevole. Barba incolta e rughe intorno agli occhi ormai rinsecchiti dagli anni trascorsi sul campo di battaglia contro i draghi a sette teste dell’ipocrisia del mondo. I nostri sguardi si incrociarono nello stesso modo in cui ci si guardava quando, seduti l’uno di fronte all’altro all’uscita da scuola, ci si scambiava ipotesi su come cambiare il mondo ed i primi amori non corrisposti.
Alla terza birra Bobby iniziò a cantare ed io, noncurante di chi ci guardava con una buona dose di curiosità e di sano imbarazzo, lo ascoltai. Sembrava una ballata irlandese e si sposava molto bene con il contesto in cui eravamo immersi.
Ho percorso migliaia di chilometri, non avendo cura di chi mi osservasse. Avevo davanti agli occhi solo la mano grande di mio padre che mi trascinava con forza. Spesso cadevo ma lui non si fermava. Adesso mi sembra come un sogno ma so che è tutto vero. Mia madre non era mai con noi e non ricordo di averla mai vista se non che in una foto. Mio padre mi trascinava ed io cadevo, non ricordo dove eravamo diretti e non capivo perché si corresse sempre. Avevo come l’impressione che la colpa fosse sempre la mia per ogni cosa ci accadesse. Fino a quando uno scoglio non è emerso dalle onde ed io mi ci sono aggrappato. A me non è mai piaciuto il mare, ma adesso so che senza quello scoglio io sarei affondato, avrei perso la strada.
Non sono un profondo conoscitore di musica né un esperto di poesia ma Bobby Wrong, con la sua canzone ha toccato alcune corde della mia anima. Posso confermare che non sia un granché come cantante e probabilmente un musicista mediocre…ma Bobby è libero come una nave senza ormeggi, come foglia al vento. E per la prima volta ha fatto sentire anche me come una virgola messa al posto sbagliato. Un punto esclamativo posizionato a caso che colora una frase grigia. E mi ha reso felice ed orgoglioso. Perché probabilmente tra tutte le cose sbagliate compiute durante il mio cammino, di certo non potrò mai annoverare quella di avergli dato la mia amicizia. Averlo protetto dalle intemperie delle banalità.
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Guglielmo Margio
Foto dal sito Unsplash.com